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(e ne ho tralasciate altre molte) le doti, in parte naturali ed in parte acquisite, che debbono distinguere i ministri di uno stato retto costituzionalmente. Uomini siffatti sono poco numerosi in qualsiasi contrada: rarissimi tra noi, così di recente nati alla vita sociale e politica. — Uno ne avevamo, che sarebbe stato il primo fra i sommi delle nazioni più incivilite e colte, come la Francia e la stessa Inghilterra. Si sarebbe detto in vero che la Provvidenza ne aveva fatto dono di uno di questi, per sottrarci a quella secolare servitù, che ci disonorava, e minacciava di perpetuarsi a nostro danno. Ma se la Provvidenza ce lo aveva dato, convien dire ch’essa ce lo ha ritolto; e lo ritolse prima ch’egli provasse nella sua piena amarezza l’ingratitudine di una nazione che da lui teneva l’esistenza, ossia l’indipendenza e la libertà. Forse che la Provvidenza volle farne conoscere, e toccare con mano, quanto era per noi malagevole il guidarci nei torbidi mari della politica, della diplomazia, e dello spirito di parte. — Fra tanti ministri che si sono succeduti al nostro governo dopo la morte del conte Cavour, non credo che si possa senza ingiustizia condannarne un solo come assolutamente inetto, o come disleale e traditore. E difatto nessuno fra i più accaniti oppositori che alcuni collegi elettorali mandarono al parlamento colla espressa missione di rovesciare almeno un gabinetto, nessuno fra quegli stessi deputati che ricevono da Giuseppe Mazzini le loro inspirazioni, si provò d’intentare una formale accusa contro un ministro. Se i nostri ministri commisero errori, chi non ne avrebbe commessi al loro posto? Gli errori di coloro che reggono uno stato, vanno annoverati fra le piaghe inerenti alla natura degli uomini e delle cose, che nessuna umana prudenza e previdenza potrà mai cicatrizzare o evitare. Al governo italiano spettava il dovere di fare un’Italia, dotandola di libertà e d’indipendenza. L’Italia è fatta, libera ed indipendente. Si dovrebbe condurre il nostro governo al Campidoglio, piuttosto che alla Rupe Tarpea.