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minore successo a rappresentare, ciascuno nella propria lingua, opere italiane e tedesche. Sappiamo dal Burada, che codesti giovani erano, per la maggior parte, allievi di convitti privati, che, incoraggiati dai rispettivi direttori, ardirono salire sul palcoscenico, sicuri d’un uditorio ristretto e benevolo, che, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe almeno apprezzato il tentativo. Un pubblico più largo c’è da scommettere che li avrebbe accolti a fischiate tanto a quell’epoca era poca in Moldavia l’importanza che si dava alle arti e specialmente a quella del teatro. Si cominciò dunque alla chetichella con un dramma tedesco intitolato: Timur Can dei Tartari, che a me ricorda quello del Casti: Cublai Gran Can de’ Tartari (del quale in fin dei conti non sarebbe strano che fosse un rifacimento o magari una traduzione) e si seguitò con la Didone abbandonata del Metastasio. Il primo fu dato a beneficio di un signor Herfner, maestro di cappella della guardia moldava e direttore d’orchestra; il secondo a beneficio di un signor Livaditi, che aveva il merito d’aver dipinto le scene e la sala del teatro. Recite dunque assolutamente disinteressate da parte dei giovani filodrammatici, e che alla compagnia francese non potevano per nessun verso dispiacere. Dell’una e dell’altra rappresentazione ci dà notizia l’Asachi nel no. 21 (27 marzo 1833) della sua Albina românească, dove, a proposito della Didone, possiamo leggere il resoconto che segue: „Il secondo (dramma ad andare in iscena) fu il dramma italiano dell’immortal Metastasio, intitolato: La Didone abandonata (sic) che fu rappresentata a beneficio del signor Livaditi, il bravo decoratore del nostro teatro. La signora Livaditi nella parte di Didone ed il signor Kemingher in quella di Selene, seppero produrre nel pubblico la migliore impressione per la conoscenza perfetta che mostraron di possedere sia dell’arte della scena, sia della declamazione (recitazione teatrale) degli armoniosi versi del Metastasio. Il signor Nicoleti (sic) interpretò la parte dii Jarba con facilità piena d’intelligenza e di fuoco e similmente il signor Livaditi fece del suo meglio per contribuire al successo della rappresentazione italiana, che, facendo saltare agli occhi dei patriot non immemori (della loro origine latina) le simiglianze che corrono fra l’una lingua e l’altra, ha fatto rinascere il desiderio di veder sulle scene qualche opera (scritta e recitata) nella lingua della patria”.