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Quanto all’argomento di quelle canzoni e allo stile di quella musica, malgrado l’Odobescu non ce ne faccia saper nulla, non è difficile indovinarlo. Se anzi ricorderemo, come fra gli strumenti che provocarmi la disperata fuga del vescovo di Argeș, ci fossero anche delle zampogne e se (lasciando un po’ in pace le bajadere, che l’Odobescu dovè ficcarci di suo capo sotto l’influenza delle Orientales) ci fermeremo alle ninfe che da tempo siamo ormai abituati a considerare una cosa sola colle zampogne e il dulce lamentar de los pastores”1; non ci sarà più lecito neppure il dubbio: pastorali.

Manca pur troppo uno studio sulla poesia pastorale in Rumania2, che possa metterci in grado di discernere quanto in



    „desfătătoare al danțulul, al cântării, și al musicei instrumentale”]. Cfr. Odobescu, op. cit., loc. cit.

  1. Cfr. Garcilaso de la Vega, Poesias, in Biblioteca de autores españoles, vol. XXXII, Egloga primera, v. 1
  2. Uno studio abbastanza accurato sulle traduzioni dal Gessner fatte in Rumania si può leggere nel vol. XXXV (1901) delle Convorbiri literare (G. Bogdan-Duică, Salomon Gessner în literatura română); ma vi si parla assai poco della poesia pastorale in genere. Qualche accenno all’influsso del Florian si può trovare nel volume dell’Apostolescu, L’influence des romantiques français sur la poésie roumaine, Paris, Champion, 1909, pp. 24, 31, 32, 58, 93, 95, 98, 105; ma si tratta di notiziole frammentarie, onde il bel tema aspetta ancora chi lo tratti in tutta la sua ampiezza. Il solo Iorga nella sua Istoria literaturii românești în secolul al XVIII-lea, ha (p. 31) sulla poesia pastorale in Rumania qualcuna di quelle sue pagine piene di colore e di vita, che ricordano in certo modo il Carducci, quando è nello stesso tempo critico e poeta, il che non sempre gli accade. A proposito di Iancu Văcărescu egli osserva infatti, come, „inspirîndu-se de la toți cintăreții apuseni al unei vieți de țară, unde nu e alt ceva de cât petrecere senină, muncă lesnicioasă de oamenl mulțămiți, și jocuri plini de noroc, poetul ni se înfățișează dînd „pilda la muncitorii” săi de „la vie, la grădini”, prinzînd paserile (știm: sticleții vioi și scatii de aur) cu „mreji fulgerătoare”, sau trimițînd cu cruzime moartea în dobitoace prin „țevile fulgeratoare”. E poco appresso (p. 34): ne închipuim că noul poet dintre Văcărești, că noul imitator al săltăreților versuri italiene și francese ni va vorbi de „citéra sa oropsită”, de „coarda” ce i se rupe, de Musele stăpîne, de însuși Măria Sa Apollon:

    Cel mal ’nalt din cântători",

    dove pare al Iorga di veder l’influsso del tedesco: der höchste unter den Sänger, mentre in fondo potrebbe anch’essere influenza dell’italiano: „il più sublime dei cantori". Comunque sia di ciò, traduco in italiano i due periodi citati, e chiudo questa nota, che, se par lunga a me, figuriamoci al lettore [„ispirandosi a tutti i cantori occidentali di una vita campagnuola, che non è altro se non sereno passa-