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palpitato e tanto sentito per versare un tor rente di piacere e d’affetto nell’anima degli altri uomini, il cuore di Camoens cessò di battere sul letto di uno spedale. L’infelice Torquato che nell’ultima sua lettera scritta nell’agonia dicea ch’ei vedeasi giunto mendico alla sepoltura, vedeva almeno nel tempo stesso la corona che Roma gli aveva preparata; vedeva gli applausi d’Italia, e la morte stessa che spargeva cipressi ed allori su le vie d’onde fra poco dovea passare il suo funerale. A queste miserie irrimediabili e qual mai cuore pietoso può riconsolare i sepolti? Non pochi tra gli egregi letterati soggiacquero alla pazza ingiustizia del mondo e della fortuna; ma più numerosa è la schiera di coloro i quali vivendo si videro di molto posposti ad uomini mediocri, ed infami. E memorabile esempio sarà sempre in Italia quello dell’Ariosto il quale campava la vita in tollerabile povertà, tollerabile, ma povertà sempre, sì ch’egli in età già provetta e bisognoso di mensa più lieta e di tetto più riposato scrive nelle sue satire:
Apollo tua mercè, tua mercè santo
Collegio delle muse, io non mi trovo
Tanto per voi da poter farmi un manto;
mentre nel tempo stesso e di doni principe-