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ogni lavoro ed anteposero di vivere ignoti, benchè forse nell’ozio e nell’oscurità non trovarono la contentezza e la pace a cui si modestamente aspirarono; perocchè sembra decreto eterno, universale, immutabile della natura che nel cuore di tutti gli uomini corra perennemente il torrente d’una passione la quale mantenga il moto e la vita; e questo torrente è più impetuoso e più pieno quanto più sono elevate, vigorose ed attive le facoltà morali degli individui. Il danno peggiore che a noi possa fare la filosofia si è quello di svelarci le vanità della vita, di elevarci a contemplazioni nel cui laberinto noi dobbiamo necessariamente perderci, abbagliati dallo splendore delle cose superiori all’uomo, ed acciecati e atterriti dall’oscurità universale della natura; e finalmente avviliti dall’ostinato e perpetuo silenzio con cui l’universo risponde sempre alla nostra infaticabile ed altera curiosità. A quest’ingegni maggiori degli altri, e maggiori per loro sventura, si squarcia il velo dell’illusione, per cui vedono unicamente il silenzioso e sterile e interminabile campo del disinganno, ove nè fragranza di voluttà, nè incantesimo di natura può mai ministrare consolazione veruna. Quindi quel funereo pirronismo nel cui regno quando una