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continua a fare anche presentemente; nè più è permesso ad alcuno esercitare pubblicamente quell’arte. Laonde i negozianti sì in Costantinopoli, che nelle altre città, sentirono i danni di tale arte per terra e per mare sbandita; e tutto il popolo, che ne’ varii rami della medesima lavorava in Tiro, e in Berito, fu costretto a cercar la limosina, o a morirsi di fame. Una parte, abbandonato il paese si rifugiò in Persia: perciocchè, concentrato, come dissi, tutto il traffico di quel genere nel solo prefetto del tesoro imperiale, data del guadagno una parte all’Imperadore, l’altra maggiore ritenuta per sè, colla miseria pubblica venne ad accrescere le sue ricchezze. Ma di ciò basti.

CAPO XXVII.

Giustiniano ruina i causidici, i medici, i maestri delle arti liberali. Rapisce alle città i fondi destinati alla istruzione, all’ornato pubblico, e agli spettacoli. Questi pure sopprime in Costantinopoli. Toglie ai popoli i vantaggi soliti a trarsi per le largizioni ai nuovi consoli. Affama quello di Costantinopoli, e gli fa mancar l’acqua. Tratta i poveri di Roma e di Alessandria colla stessa sevizie. Iniquità di Alessandro Forficola, e di Efesto.

Come poi Costantinopoli e le altre città Giustiniano spogliasse de’ loro principali ornamenti, sono ora per dire.

Primieramente stabilì di distruggere l’ordine de’ causidici, tolti tutti i premii de’ quali, in eminente grado