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di una storia vera. 111

ed egli volentieri mi rispondeva a tutto, specialmente dopo che si sbrigò d’una causa, che ei vinse. Gli fu posta una querela d’ingiuria da Tersite, per quei mali bottoni che gli gittò nella sua poesia, ma Omero si prese Ulisse per avvocato, e riuscì vincitore.

In quel tempo appunto ci venne Pitagora di Samo, che allora aveva finita la settima mutazione, vissuto le sette vite, compiuti i sette periodi dell’anima, ed aveva d’oro tutto il lato destro. Fu deciso di ammetterlo con gli altri, ma non si sapeva ancora se chiamarlo Pitagora o Euforbo. Ci venne anche Empedocle col corpo tutto bruciato ed arrostito, e non fu ricevuto, benchè egli pregasse e ripregasse.

Indi a poco venne il tempo dei giuochi, che essi chiamano i Mortuarii, ai quali presedettero Achille la quinta volta, e Teseo la settima. Saría troppo lungo riferirne ogni cosa; dirò le principali. Nella lotta fu vincitore Caro l’Eraclide, ed accoppò Ulisse, che gli contendeva quella corona: nel pugilato furono pari Areo egiziano, che è sepolto in Corinto, ed Epeo, venuti alle prese tra loro: pel pancrazio non vi sono premii lì: nella corsa non mi ricorda più chi fu vincitore. De’ poeti per verità Omero superò tutti, pure Esiodo fu vincitore. Il premio per tutti era una corona intrecciata di penne di pavone.

Finiti allora i giuochi, si annunzia che i carcerati nel paese degli empi, rotte le catene e vinti i custodi, venivano ad assalir l’isola, guidati da Falaride d’Agrigento, da Busiride l’egiziano, da Diomede il trace, da Scirone ancora, e dal Piegapini. A questa novella Radamanto schiera gli eroi sul lido: li capitanavano Teseo, Achille ed Aiace Telamonio già rinsavito. Si venne a battaglia, e vinsero gli eroi per le gran valentie di Achille. Si portò da bravo anche Socrate, che stava nell’ala destra, molto meglio che non combattè a Delio quando era vivo; chè all’avvicinarsi dei nemici, non fuggì, nè voltò faccia: e però gli fu dato di poi in premio del valore un bel giardino suburbano, dove egli si raccoglieva con gli amici a ragionare, e lo chiamava la Mortacademia. Presi adunque i vinti, e legati, furono rimandati a pene maggiori. Omero scrisse anche questa battaglia, e quand’io me ne andai, ei mi diede il libro per portarlo tra gli uomini; ma poi con tante altre cose