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re reverenziale per ogni fatto e parola dei tedeschi i nostri scienziati arrivarono a fare una scienza, l’antropologia, e nel 1900, anno secolare, un buon professore della Università di Roma scrisse il suo libro sulla Decadenza delle nazioni latine, provando che noi latini correvamo verso l’abisso, anzi fra poco — son sue parole — dovevamo precipitare nel fondo di codesto abisso. Concludeva: «La resurrezione delle nazioni latine, e d’Italia specialmente, si avrà solo a condizione che le attività loro si svolgano esclusivamente nelle opere di pace». Il quale consiglio che oggi altri professori, filosofi, antropologi, zoologi, filologi, ci ripetono instancabilmente, di ridurci tutti agnelli perchè il nostro vello sia sempre più facile a tondere, il buon professore non ce lo dava, si badi bene, per far piacere a qualche suo collega tedesco predicatore dell’avvento armato della dominazione tedesca sul mondo, ma ce lo largiva con candida buona fede, convinto proprio di salvare i suoi fratelli dalla morte.

Oggi al principio del 1915 la difesa è diventata urgente. Io vorrei che, per preparare non solo le armi dei soldati ma anche gli animi dei cittadini, molti italiani si ponessero finalmente queste due domande: che cosa deve alla Germania la civiltà italiana? Che cosa deve all’Italia la civiltà tedesca?

Problema vasto vastissimo che può sembrare vanità voler definire e risolvere in poche pagine. Ma queste pagine vogliono soltanto porlo, accennando a tre punti che mi sono sempre sembrati fermi e indiscutibili1.

Primo, che la civiltà italiana, quello che una volta si chiamava il genio italiano, niente di sostanziale deve alla civiltà germanica, chè anzi i suoi caratteri precipui si sono tutti formati o fuori o contro ogni influsso germanico;

  1. Vedi la mia risposta a una Enquéte sur l’influence allemande (Paris, ed. Mercure de France, 1903).