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264 | novelle rusticane |
gramma che lo chiamava lontano. Su quel foglio ella aveva scritto Per sempre, e una data. La vita li ripigliava entrambi, l’una di qua e l’altro di là, inesorabilmente. La sera dopo anch’esso era alla stazione, triste e solo. Della gente si abbracciava e si diceva addio; degli sposi partivano sorridenti; una mamma, povera vecchierella del contado, si strascinava lagrimosa dietro il suo ragazzo, robusto giovanotto in uniforme da bersagliere, col sacco in spalla, che cercava l’uscita di porta in porta.
Il treno si mosse. Prima scomparve la città, le vie formicolanti di lumi, il sobborgo festante di brigatelle allegre. Poi cominciò a passare come un lampo la campagna solitaria, i prati aperti, i fiumicelli che luccicavano nell’ombra. Di tanto in tanto un casolare che fumava, della gente raccolta dinanzi a un uscio. Sul muricciuolo di una piccola stazione, dove il convoglio si era arrestato un momento sbuffante, due innamorati avevano lasciato scritto a gran lettere di carbone i loro nomi oscuri. Egli pensava