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due appartiene a Francesco Maria Ciardini; quella degli altri a Giuseppe Silvestri «L’amico della studiosa gioventù»; il quale, in aggiunta a quelle dello scrittore francese, compilò altre Vite, affinchè l’Italia avesse in quest’opera la parte sua. Morto Luigi Vannini, la tipografia fu continuata dalla vedova e dai figliuoli, e con l’ultimo di loro cessò.

Un vero e notabilissimo incremento ebbe la stampa pratese nel 1820, quando Vincenzio Giachetti chirurgo valente uscito dalla scuola del celebre Nannoni, avviò a quest’arte nobilissima i figliuoli Giuseppe, Antonio e Carlo. Sulla loro domanda, il Vicario Regio Andreucci dava informazione favorevole al Presidente del Buon Governo, dicendo che «Giuseppe è stato ed è tuttora in cotesta città (Firenze) coll’espresso fine di apprendere l’arte di stampare, e credo che abbia già acquistato le notizie necessarie a tale oggetto».1 Come monumento della sua istituzione si ha una iscrizione di romana latinità dettata dal ricordato Silvestri;2 ed è noto quali opere voluminose e splendide per tipi e incisioni, uscirono da questa tipografia, che ebbe nome anche fuori d’Italia. Basti ricordare le insigni del Winckelmann, del D’Agincourt e del Cicognara, la Bibbia volgarizzata da monsignor Martini (1827-1832) con settantotto belle incisioni di Lasinio figlio e d’altri

  1. Archivio di Stato in Firenze Presid. del buon Governo, a. 1819, Negozi, Filza 29, n.° interno 1069.
  2. Vedi la 284 nella Raccolta «Inscriptiones XXXV et CCC etc. Florentiae typis Custodiarii moribus reformandis, MDCCCLII».
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