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archivistica e di erudizione storica, un valente pubblicatore di testi, un paziente ed acuto osservatore di vocaboli, uno scrittore castigato ed elegante».1 Della qual paterna stamperia citerò, come delle altre, alcune delle tante e varie opere di maggior mole e che più fanno onore al tipografo. Principalissima fu la stampa e la ristampa, in molti volumi, degli scritti del grande e purtroppo oggi quasi dimenticato Gian Domenico Romagnosi; poi seguirono le Poesie italiane di duegento autori dall'origine della lingua in fino al secolo decimosettimo, le Metamorfosi d'Ovidio volgarizzate da Ser Arrigo Semintendi, e uno Spoglio di voci tratte da quell'antico volgarizzamento.
Quando fra il '33 e il '34, Niccolò Tommaseo fece una gita a Prato, notò: «Quattro stamperie sono in Prato, città di dodicimila abitanti. I Guasti stamparono le poesie del Flaminio: ed è buon pensiero voler ridonare alla vita que' latinisti felici del cinquecento; ma ridonarli tutti interi, è un seppellirli di nuovo, perchè pochi vorranno leggere due volumi del Flaminio, e molti forse ne vedrebbero con piacere parecchie pagine scelte....»2 Ma ancora non esisteva la piccola tipografia aperta nel 1837 da Giuseppe Pontecchi e chiusasi presto con lui, dopo aver dato pochi volumi di accurata composizione e corretti, compreso quello della Bibliografia pratese compilata per un da Prato,