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Nel 92, però, si staccò dal Corvetto e appoggiò la elezione del Celli.

Per tale sua condotta, si ebbe allora i rimproveri di quelli del suo partito. E certamente, in parte ne fu meritevole. Dico solo in parte, perchè devesi ben ricordare come il Celli nel 92 non si fosse ancora dichiarato repubblicano, affermando di non far questione di forma di governo ma solo di riforme sociali. E queste il Ginevri desiderando, volendo che si recasse un qualche sollievo alle classi non abbienti, che si cercasse di rendere meno aspre che fosse possibile le disuguaglianze sociali, che si facessero sparire le grandi ingiustizie ancora tollerate dalla moderna civiltà, era per un conto ben naturale che al candidato democratico desse il suo voto.

La sua fede monarchica, lo ripeto però, rimase sempre incrollabile: tanto è vero che nell’anno seguente accettò con trasporto di stare a capo del Comitato cittadino costituitosi per festeggiare le nozze d’argento dei Reali; tanto è vero che quando nel 95 il Celli si presentò nuovamente agli elettori del collegio, dopo essersi dichiarato, benchè non del tutto apertamente, repubblicano, egli lo abbandonò, e si schierò dalla parte del Raffaelli. Splendida è la lettera da lui allora scritta al Celli.