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II. TEMISTOCLE. concittadino. Or questi dice clie Temistocle si porto Artaserse, prevenendolo con una lettera in questi termini: « Io Temistocle sono a te venuto, quel Temistocle a che ha fatto alla tua casa più male di tutti quanti ' « Greci, mentre mi fu necessario far guerra contro il pa- « dre tuo a difesa della mia patria. Ma poi molto magic giore fu il bene Che io medesimo gli feci, allorquando « cominciai a trovarmi al sicuro ed egli in pericolo. Im- « perciocché non volendo, dopo il fatto di Salamina ri- « tornarsene in Asia, io lo avvisai per lettera che si penti sava a disfare il ponte ch’egli aveva fatto sull’Ellesponto o e prenderlo di mezzo. Mercè del quale avviso egli usci « di pericolo. Ma ora da tutta la Grecia perseguitato, mi « son rifuggito presso di te implorando fa tua amicizia: « della quale se mi riesce di far acquisto, non mi prove- « rai meno buon amico di quel eh’ egli m’abbia provato « forte nemico. Di questo però ti prego, che per gli affari « de’ quali ho a ragionar teco, mi dia un anno di tempo, « passato il quale mi permetta di venirti innanzi, » X. Il re ammirando la grandezza del costui animo, e venendogli desiderio di guadagnarsi un nomo di tal fatta, acconsenti alla domanda. E Temistocle impiegò tutto quel tempo nello studio delle lettere e del linguaggio de’ Persiani : in cui si pratico divenne , che giunto il tempo di favellare, dicesi, che il facesse vie meglio di qualunque Persiano. Costui avendo fatto al re molte profferte, e quella fra tutte la più grata, che avrebbe, qualor volesse valersi dei suoi consigli, colla guerra soggiogata la Grecia, carico di doni se ne tornò in Asia e fissò sua dimora in Magnesia. Imperciocché questa città, dalla quale si ricavano annualmente cinquanta talenti, gli aveva donata Artaserse con queste parole, che gli somministrasse il pane; e Lampsaco, onde avesse'il vino; e Mionte, che gli desse il companatico. Due memorie di costui sono rimaste fino a’di nostri. La tomba vicino alla città, ove fu sepolto: e le statue sulla piazza di Magnesia. Della morte di lui la maggior parte degli scrittori parlano diversa- mente. Ma a noi piace seguir piuttosto l’autorità dello stesso Tucidide, il quale ce lo dà morto in Magnesia di malattia: benché non nieghi che corresse voce essersi da Bè medesimo avvelenato per disperazione di non poter mantenere la parola data al re circa l’opprimere la Grecia. Il medesimo autore lasciò scritto, aver le ossa di lui avuta in Attica da’suoi amici nascostamente quella sepoltura che gli negavano le leggi, per esser egli stato condannato di tradizione.