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menti è quasi eccessiva: la mobilità de’ suoi gesti, de’ suoi occhi dà le vertigini. La passione del libro, comune ad entrambi, sola li infervora in ardenti discorsi. Egli interseca nel suo dire molti, troppi motti latini, poichè è stato un brillante scolaro al ginnasio; ma lo zio lo ha costretto a lasciarlo per la scuola normale: ci vuol troppo denaro per compir gli studi classici. Ed ecco, è uno spostato. Tolto dal suo latino, non si applica più volentieri; se la piglia con i professori, discute in classe, sciorinando cavilli d’avvocato; si fa temere ed odiare; attaccò già un de’ maestri, il più pedante a vero dire, in un giornaletto di studenti, poligrafato, che ha per titolo «La frusta».

Forse, alla prima bravata, lo sospenderanno dalla scuola: forse non potrà finire gli studi. È un predestinato alla vita di bohème: è della razza di coloro ai quali l’ingegno serve come un sasso al collo di chi si getta in acqua. La sorella sa che egli ha un’amante: Daria, la figlia di Ignazia, grossa comare che tiene un negozio di fruttivendola in via Santa Maria del