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Una maestosa figura di donna stava seduta sull’ultimo cuscino del semicerchio, voltando le spalle al marchese. Il ricco vestito nero le cadeva con pieghe scultorie lungo i fianchi e fluttuava alla estremità sotto un’onda di pizzo e di arricciature; aveva uno sciallo bianco dell’India, e un cappello di gusto severo le incorniciava il volto, del quale appariva a intervalli la linea un po’ emaciata e stanca.
— Per bacco! o che io sogno come un vero amante platonico, o colei è la baronessa Gualtieri-Serra.
Questa esclamazione Gili la rivolse a sè stesso facendo un passo avanti.
— Non c’è più dubbio. Diavolo, diavolo — cosa farà qui sola? — mi pare sola.
Ella si volse un istante per raccogliere gli sbuffi dell’abito.
— Eterni dèi, come è patita! Bella sempre, ma molto patita. Sarebbe accaduta per caso...
Gili non compì l’espressione del suo pensiero — diede un’occhiata in giro e fischiò tra i denti, bassissimo,
Oscar lo sa... |
Poi si mosse facendo ondulare leggermente l’occhialino d’oro, e si avanzò verso l’incognita annunciato da una nube invisibile di fragranti olezzi.