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aperti dei fiori e il trascinarsi lento dei brucherelli da cespuglio a cespuglio producendo cento piccoli rumori quasi indistinti che il fanciullo sembrava ascoltare avidamente.
È singolare — pensava tra sè il buon Remo — che con tanto materiale di osservazione egli non arrivi a mettere insieme una descrizione campestre che si sollevi un sol punto dalla mediocrità. — Taceva, l’onesto pedagogo, per non dare buon giuoco agli sfoghi atrabiliari del fratello; ma intanto procurava di interessare il fanciullo alle forme, ai colori, ai suoni, e, per quanto il risultato fosse poco incoraggiante, la sua fede non ne veniva scossa. Bisogna aver pazienza — concludeva egli invariabilmente — e sia che rispondesse così a qualche indiscreta domanda o che pronunciasse le parole per sè solo, a mezza voce, si capiva che la pazienza in lui era una cambiale a scadenza continuamente rinnovata.
Nella stagione in cui fervono i lavori della campagna Ippolito assisteva al raccolto delle messi. Seduto sui carri di fieno o sui mucchi delle pannocchie prendeva parte ai giuochi dei compagni, nè migliore, nè peggiore della maggioranza di essi; vivo, lesto, ghiotto di frutta acerba e di chicchi di grano cotti sotto la cenere — la quale ultima cosa lo metteva spesso in querela colla zia Rosalba che bofonchiando e