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Una giovinezza del secolo XIX 207


Io sono anche disposta a sorridere ora su queste fanciullaggini della verde età, nella quale siamo, chi più, chi meno, un po’ tutti cavalieri dell’ideale e corriamo colla lancia in resta ad espugnare mulini a vento. Sorridiamo pure dei lunghi sospiri e delle veglie e dei primi fiori dell’anima dedicati a persone che si conoscevano appena; uno sguardo ricambiato, una mano che s’indugia alla stretta, tanto bastava, e meno ancora, a immobilizzare il nostro cuore per mesi, per anni. Il mio fratellino minore, quando smise i calzoncini corti, si prese di una grande simpatia per una fanciulletta che vedeva qualche volta all’uscire di chiesa, alla quale non solo non aveva mai parlato, ma che paventava di accostare. "Il mio unico desiderio — mi disse un giorno in grande confidenza — è di possedere un fazzolettino, un bel fazzolettino ricamato, toccare con quello il lembo della sua veste e conservarlo per sempre". Sorridiamo, ma dolcemente, con riguardosa tenerezza, per non disperdere la nuvola lieve che ravvolge il bel sogno. Quanto sarebbe brutta la vita se l’uomo affacciatosi appena dovesse incontrare l’esperienza già fatta, con tutti i suoi compromessi, il male già pronto con tutte le sue armi, la laidezza matura con tutti i suoi orrori! Oh, sia benedetta l’illusione