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si riteneva debitore di Olimpio, e in questa catastrofe avrebbe voluto impegnare l’anima per sollevare l'amico.
Ma i debiti d’Olimpio erano molti, complicati, e il povero pittore si sbracciava invano.
Pochi giorni prima era stato testimonio di una brutta scena in casa d’Olimpio. Un fornitore venuto colla sua lista pretendeva che Giulia lo pagasse — la poverina che versava nella massima strettezza, chiese tempo e pazienza — l’altro rispose con arroganza — Giulia pianse — l’altro minacciò. Roberto, fattosegli accanto, gli susurrò all'orecchio: «Ci penso io.»
Ci pensò lui diffatti, ma gli convenne vendere una buona parte della sua mobiglia, qualche oggetto di lusso e un brillante, dono d’Olimpio.
— Faccio il mio dovere — disse il bravo giovane — do a Cesare quel ch’è di Cesare. Dio provvederà per il resto.