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— E così — disse a Olimpio tirandolo nel vano d’una finestra — come vanno gli affari?
— Benone, benone.
— Dunque la mia rendita è sicura?
— Ma, no, non troppo. Capisci bene che se gli affari per me vanno a seconda, è segno che minaccia del torbido. Se non ci fosse nulla d’accomodare, cosa se ne farebbe della diplomazia? Io dico dunque benone, benone — ma dal mio punto di vista.
— Ed io allora? esclamò allarmato il signor Prospero.
— Tu.... sicuro ci penso seriamente — fece Olimpio dandosi un’aria grave — sarebbe prudenza vendere almeno una parte della rendita. A quanto ammonta in completo?
— Ottantamila lire.
— Eh!... si potrebbe levarne una trentina e guardare d’impiegarle diversamente.
— In capitali?
— O in commercio, o in fondi, o in speculazioni si vedrà poi.
— Diamine!... ma non si sente a dir nulla — rincalzò il signor Prospero.
— Certamente, e cosa s’ha a dire? Non vi sono per nulla i gabinetti segreti e gli affari segreti.
— Ma i giornali....