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Olimpio si disponeva a pagare il conto levando i biglietti da un elegantissimo portafogli in pelle lucida color violetto cupo a fermagli d’acciajo.

— Pago io, pago io: disse Prospero.

Senonchè mettendo la mano nella tasca sinistra del soprabito incontrò una lettera — Ahi! — fece tra sè l’onesto celibatario, dimenticavo il meglio. Vediamo un po’ se c’entra anche qui la diplomazia.

Tirò fuori placidamente una letterina un po’ spiegazzata, la guardò con occhio malizioso, e battendovi sopra il tamburello colle dita esclamò:

— Il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi!

— Te ne incarichi tu, forse? rispose Olimpio gettando un’occhiata sospettosa sulla sopracarta.

— Senti; sono notizie che mi vengono da Parigi.

— Telegrafate?

— No, in via di lettera confidenziale.

— Peuh! — rancidume. In fatto di notizie nuove non c’è che il telegrafo.

— Senti tuttavia — potrebbero interessarti.

Il signor Prospero cominciò a leggere fra i denti la prima parte, poi spiccando le parole e guardando tratto tratto il nipote proseguì:

«Ho veduto Olimpio spesse volte sui boulevards, e più spesso accompagnato che solo; accompagnato, intendiamoci, non da barbuti e nojosi ciceroni, ma da