Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 69 — |
Olimpio si disponeva a pagare il conto levando i biglietti da un elegantissimo portafogli in pelle lucida color violetto cupo a fermagli d’acciajo.
— Pago io, pago io: disse Prospero.
Senonchè mettendo la mano nella tasca sinistra del soprabito incontrò una lettera — Ahi! — fece tra sè l’onesto celibatario, dimenticavo il meglio. Vediamo un po’ se c’entra anche qui la diplomazia.
Tirò fuori placidamente una letterina un po’ spiegazzata, la guardò con occhio malizioso, e battendovi sopra il tamburello colle dita esclamò:
— Il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi!
— Te ne incarichi tu, forse? rispose Olimpio gettando un’occhiata sospettosa sulla sopracarta.
— Senti; sono notizie che mi vengono da Parigi.
— Telegrafate?
— No, in via di lettera confidenziale.
— Peuh! — rancidume. In fatto di notizie nuove non c’è che il telegrafo.
— Senti tuttavia — potrebbero interessarti.
Il signor Prospero cominciò a leggere fra i denti la prima parte, poi spiccando le parole e guardando tratto tratto il nipote proseguì:
«Ho veduto Olimpio spesse volte sui boulevards, e più spesso accompagnato che solo; accompagnato, intendiamoci, non da barbuti e nojosi ciceroni, ma da