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— Che paura!... credevo che dormissi!
Coll’altro braccio attirò la sua testina sul guanciale e la baciò.
— Mi perdoni, Giulia?
Era già fatto, e non ci vollero molte parole.
Lesti, spigliati, sorridenti, i due sposi uscirono verso mezzogiorno dalla loro camera. A vederli si diceva: che bella coppia! e come sono felici!
Il momentaneo ritorno della gioja diffondeva un soave rossore sulle guancie di Giulia.
Nello scendere le scale incontrò il cameriere a cui la sera prima aveva domandato conto di suo marito.
— Buon giorno, signori, egli disse nascondendo sotto la sua vecchia maschera un sorriso equivoco.
Giulia guardò da un’altra parte.
La mattina era bella e il sole splendeva sulla dorata cupola di S. Marco.
— Dove andiamo a far colazione? domandò Olimpio.
— Dove vuoi, mio amore.
— Ti condurrò da Bauer, troveremo le ostriche fresche.
Giulia era bellina, ma la bellezza di Olimpio faceva senso. Due o tee signore che mangiavano una frittura di scampi lo guardarono sorprese e invidiose.
Olimpio passò oltre. Un vecchio celibatario, in un angolo, leggeva Sior Tonin bonagrazia — sedettero