Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 26 — |
— Oh!... interruppe Giulietta scandalizzata.
— Sì, gioja, Diecimila lire almeno — è una inezia — lo so — noi non saremo meno ricchi per questo; ma ho piacere tu sappia che quel tutore è un briccone. Suvvia dunque, sta allegra. Hai fame? Hai freddo? — no? — benissimo. Di questo passo andremo a Venezia, la celeste Venezia.
E si abbandonò con noncuranza sui cuscini della carrozza.
Nessuno, a dir vero, nemmeno i più intimi amici di Olimpio, potevano vantarsi di conoscerlo appieno e rendersi ragione delle sue stravaganze.
Era buono? era crudele?
Come saperlo sotto un volto che portava perennemente la maschera del motteggio! Quando parlava da senno? — quando celiava? Si deve credere a quello che ha detto jeri o a quello che dirà oggi? — le due cose sono in perfetta contraddizione — e il contegno d’Olimpio non va sempre d’accordo colle sue parole.
Piaceva — ecco tutto.
Si subiva il suo ascendente senza discuterlo.
Giulia lo trovava un po’ originale... ma tanto simpatico! Le sue teorie non avevano senso comune, ma i suoi occhi erano così eloquenti!
Alla stazione quattro o cinque suoi amici lo aspet-