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lunga piuma nera; le cinse il piccolo velo grigio; le diede i guanti di pelle di daino, la borsetta e: Buon viaggio, signorina!
La carrozza aspettava alla porta.
Giulia si gettò nell’angolo a destra pallida, commossa.
— Addio, tutore.
Una lagrima le spuntò sulle palpebra.
La cameriera correva affannata; aveva dimenticato la boccetta dell’aceto igienico — un grazioso ninnolo di cristallo e di cuojo.
— Grazie! disse Giulia.
Non potè aggiungere altro; il pianto la soffocava.
— Diavolo! fece Olimpio chiudendo lo sportello. Spero bene che quando arriveremo alla stazione non scenderai cogli occhi rossi.
E disse questo con accento dolce, pacato, come usava parlando con qualunque persona.
Giulia gli strinse una mano.
— Sentimentalismo da collegiale! — continuò Olimpio. È convenuto che una donna quando si marita deve spargere una certa quantità di lagrime — per il decoro — ma ora siamo soli, non c’è più motivo di piangere. Suppongo che non ti cuocerà molto l’abbandono del tutore, del tuo vecchio tutore che rubava la tua dote.