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— Signora? chiese Pompeo spaventato.

Giulia lo guardò — tornò a guardare lo scritto e restò sospesa per mille dubbii.

— Si sente male?

— No. Osservo questa calligrafia — è la sua?

La voce di Giulia era chiara benchè debolmente accentuata; Pompeo rispose balbettando:

— È mia.

Un breve silenzio crebbe l’imbarazzo del giovane, mentre Giulia che s’era armata di risoluto coraggio continuò:

— È strano — mi sembra di averla veduta altrove.

— Le calligrafie veramente non sono che tre o quattro e la maggior parte degli scritti assomigliano a qualcun altro.

La riservatezza dietro cui si trincierava l’avvocato determinò l’ardire della nostra eroina.

— Eppure questa nota somiglia perfettamente a una lettera anonima ch’io ricevetti quand’era al podere.

Giulia, che dopo tanta franchezza si credeva armata fino ai denti, sollevò gli occhi per godere dell’imbarazzo di Pompeo. Ma gli occhi di Pompeo brillavano di un fuoco insolito e così acuta ne era la pupilla ch’ella tremò tutta.