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Giulia un ricordo di infinita dolcezza e di cui le immagini, sovente evocate, le facevano chinare gli occhi davanti ai bruni occhi di Pompeo.

Quella sera Pompeo era piacevolissimo.

Si ciarlò, si rise. D’uno in altro argomento, la signora Chiara venne a parlare del tempo passato. Giulia, allora, era appena uscita di collegio, timidissima, riservata, e non s’era nemmeno accorta che dalle finestre dirimpetto qualcuno si occupava di lei.

La signora Chiara assicurò che Pompeo doveva vederla tutte le mattine quando prendeva la sua lezione di piano — ma Pompeo cambiò improvvisamente discorso introducendo una discussione sulla musica italiana e la musica straniera.

A undici ore si separarono — la signora Chiara, nell’accomiatarsi da Giulia, le strizzò l’occhio, come a dire: Domani, per quella faccenda.... — E all’indomani Giulia non aspettò che fosse calata la sera per discendere dall’amica. Una curiosità strana la dominava; una impazienza, un interesse che parevano gemelli di una più che tenera amicizia.

La misteriosa scatoletta era pronta, la signora Chiara fu pronta anch’essa ad aprirla, cavandone fuori il fazzoletto che distese sotto gli occhi meravigliati della giovane vedova.

E quando dico meravigliati, non esagero punto, chè