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Erano ammirabili così — l’uno rimpetto all’altra — sfidandosi collo sguardo ardito — misurando quasi la loro superiorità, impavidi.

Olimpio ruppe il silenzio.

— Signora, la mia presenza qui vi sorprende?

— Nulla affatto — vi aspettavo.

Per quanto Olimpio fosse audace, l’audacia di lei lo colpì — e gli piacque più che non gli fosse piaciuta la bellezza. La prese galantemente per la mano e conducendola a sedere sul vis-à-vis, disse:

— Allora sapete che io vi amo!

— Veramente — fece ella levandosi un guanto e battendolo scherzosamente sul proprio ginocchio — come potrei affermare l’esistenza di un sentimento che tutti provano senza conoscere?

— Sentimento è una parola sbiadita per esprimere quello che io provo, signora.

— Avete ragione. Le frasi fatte convengono alle passioni banali — voi dovete inventare un nome che classifichi appuntino la molla che vi spinge a farmi una dichiarazione.

— Un nome! un nome! — esclamò Olimpio mordendosi i biondi baffi — e se invece di un nome vi portassi dei fatti?

— Meglio — ma secondo i fatti.

Ella accompagnò queste parole con un sorriso fino,