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sensibile e sparse qualche lagrima su quella finta desolazione.

Senza porre indugio si vestì e incontrando la signora Chiara sulle scale non le nascose che andava dallo zio Prospero. La vedova crollò il capo mormorando:

— Faccia lei... ma io non vorrei più immischiarmi; ha chiesto un parere a Pompeo?

Giulia disse che non l’aveva chiesto, ma che il cuore le suggeriva di non rifiutare il suo appoggio ad un’opera di pentimento e di redenzione.

Seconda crollatina della signora Chiara, accompagnata questa volta da una stretta di mano e da un bacio su ambe le guancie:

— Basta, ci rivedremo!

La signora Chiara salì, Giulia discese. Strada facendo vide Olimpio per l’appunto, in piedi sulla soglia di un caffè alla moda che ciarlava scherzando con una fioraja — scelse delle gaggie nel panierino e se le appuntò all’occhiello; tornò a scegliere e preso un garofano vermiglio lo infilò nelle treccie della ragazza che si schermì ridendo, ma poi accettò, oltre il garofano una guanciatina amichevole.

Giulia sentì una stretta al cuore, i ginocchi le si piegarono e per un istante un fitto velo le coperse gli occhi — si rifrancò quasi subito però e il dispetto subentrando al dolore le fece accelerare il passo.