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bianco del quale, in platea, non si scorgeva nemmeno un filo; la sua testa di creola si innalzava superba dal candido busto, cinta appena da una treccia nera, che dopo aver girato intorno alla nuca andava a perdersi nelle nevi del seno — e chi non vi sarebbe perduto insieme ad essa?

Il palco era riboccante di adoratori. Roberto, appoggiato a uno scanno d’orchestra, aspettava impaziente che la folla si fosse diradata intorno al suo idolo ed intanto implorava uno sguardo attraverso il cannocchiale di tartaruga che la contessa avvicinava tratto tratto alle pupille.

Quel cannocchiale diretto da una mano volubile si appuntava in tutti gli angoli del teatro, arrestandosi in nessun luogo, finchè rimase immobile dritto verso un palchetto di proscenio.

Un uomo solo lo occupava sdrajato in una posa piena di noncuranza. — Olimpio.

Il pittore appena lo ebbe riconosciuto, volò a lui e senza nemmeno salutarlo lo assalì di domande:

— Conosci quella signora? Le hai mai parlato? Ed alla ti conosce?

Olimpio accomodò nel taschino, sopra il cuore, relegante fazzoletto di battista che minacciava di uscire e rispose tranquillamente:

— No.