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occupava come di uno strumento — era del resto un bel giovane e tanto valeva lui quanto un altro.

Non era cattiva la contessa. Materialmente non aveva mai fatto male ad alcuno; gentile con tutti; tollerante e buona colla servitù; caritatevole., secondo Fuso, ed inscritta fra le patronesse nelle fiere di beneficenza — dopo tutto senza cuore — oh! ma al punto che una macchina da orologio ne ha più di lei.

Forse per questo si conservava meravigliosamente bella.

Roberto non accontentandosi di vederla, alla mattina, posare sorridente davanti al suo cavalletto mentre colla mano tremante ne copiava le linee divine, la seguiva al Corso, assisteva immancabilmente al suo circolo del giovedì, e alla sera la ritrovava in teatro.

Come è facile immaginare, un tal genere di vita è dispendioso, e — circostanza grave — Roberto non lavorava più; gli mancava il tempo e la voglia; gli mancavano eziandio le commissioni.

Qualche volta il povero giovane si spaventava pensando all’avvenire; ma vi pensava il meno che poteva e un bacio di Réa lo consolava d’ogni afflizione.

Una sera, alla Scala, tutti gli occhi erano rivolti su un palchetto di seconda fila. La contessa vi sfoggiava una nudità così ardita e così splendida che abbagliava. Le spalle lottavano vittoriose con un vestito di raso