Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 56 — |
Chiarina, che l’aveva sempre in tasca, mosse fuori dal cancello verso i pioppi.
— Dà a me la chiave.
— È inutile. Vengo anch’io.
— L’inutile è che debba venir tu — rispose lui, secco.
Chiarina finse di non udire.
Attraversarono il prato, passarono sotto i pioppi; giunti alla soglia ella mostrò coll’indice il cartello dell’appigionasi.
— Quanto l’hanno valutata?
— Tremila lire.
— Coi mobili?
— I mobili sono poca cosa, lo sai: forse nessuno li vorrebbe e per noi, invece, sarà tanto caro poterli conservare.
— Tremila lire, tremila lire — ripeteva Giuseppe infilando la scala del piano superiore. — E quando verranno queste tremila lire?
— Ma te l’ho detto che non sono nostre! Prima di tutto vi sono i debiti di nostro padre; poi tutti i prestiti del signor Firmiani.
— Belli i prestiti! abiti fuori d’uso e il resto del loro pranzo. Sac....
— Giuseppe, Giuseppe che dici mai? Tutta la nostra riconoscenza non basterà a