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detto; voleva troppo bene a sua madre per farla arrabbiare inutilmente.

Giovanna si tolse le mani dal viso e parlò, con dolcezza umile:

— Dio, che vede le circostanze della vita, non si offenderà...

— Ma vi ha punito lo stesso — disse zia Porredda.

— Questo sta a vedersi — strillò zia Bachisia, che cominciava a schizzar fiele. — Non vuol dire invece che il castigo di Giovanna mia è finito, se Dio te manda la fortuna di sposarsi ad un giovine che le vuol bene, che le farà dimenticare ogni dolore sofferto?

— E ricco! — osservò zio Efes Maria. E non si sapeva se parlasse sul serio o per sarcasmo.

Giovanna aveva perduto il filo del suo discorso, ma volle concludere lo stesso, con voce dolce ed umile:

— Ah, zia Porredda mia! voi non sapete! Dio vede i cuori: Egli mi perdonerà. Ma se Costantino è come morto? Anche quel prete Elias Portolu che è da noi, che è tanto buono, voi lo conoscete, — che parla come un santo e non s’arrabbia mai, ebbene anche lui dice: no, no, no! Il matrimonio deve essere soltanto sciolto dalla morte! — E andate a farvi benedire, allora, se non infondete la ragione! Vivere bisogna, sì o no? E quando non si può vivere, quando si è poveri come Giobbe? Quando non si ha lavoro, non si ha nulla, nulla, nulla? Ma ditemi voi, zia Porredda, e se in me fosse