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Il Cristianesimo, erede del mosaismo ora misogino, ma esso colmò la lacuna escogitando nel suo grembo il bel tipo della Vergine madre, lo idealizzò, ne fece la deipara, la corredentrice dell’umanità. Alla sua stregua la santità redime completamente la donna dall’inferiorità nella quale il cristianesimo l’ha trovata. Non si domandi se è giovine od attempata, se bella o deforme, se piace o meno all’occhio dell’uomo. È in lei un valore che si innalza al disopra d’ogni umano apprezzamento. È Santa. Al suo tugurio accorreranno piccoli e grandi, pontefici e re, popoli e guerrieri, e baceranno devoti il lembo delle sue vesti. Alla sua tomba si appenderanno voti, ai suoi templi si profonderanno tesori, ai suoi altari si arderanno incensi, al suo nome si disposa l’immortalità felice e gloriosa della divinità.

Signori, non vi meravigliate dunque che il clero, il quale, più o meno scientemente, rappresenta questo ordine di ideali, abbia dell’influenza sulla donna. Non è debolezza di spirito in lei, non è pregiudizio, è giusto senso dei suoi interessi.

È ben vero che vi sono qua e là oratori che dalle sacre bigoncie scagliano in capo alla donna le vecchie invettive di S. Basilio, di Sant’Epifanio, di San Giovanni Grisostomo e di tutti quei vecchi padri del cristianesimo, che, orientali innanzi tutto, ripugnavano dallo spirito democratico del cristianesimo e non potevano inghiottire le larghezze ch’esso portava alla donna. Ma quando sento quei sacerdoti diseppellire quei santi rancori e buttarceli in viso con una stizza che non è nè dei tempi, avvezzi a discutere ogni cosa, nè dei paesi dove la libertà e la personalità sono rispettate, nè del cristianesimo che abborre da ogni oppressione e reppressione, non ne rilevo che la poca accortezza dell’oratore che si stacca dalla parte illuminata del suo partito.

Tuttociò vi prova, o signori, che noi siamo fatte all’intutto come voi. Amiamo quello che ci giova.