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vincolare in simile modo due uomini, ma un uomo ed una donna possono andare e, fino ad un certo punto, vanno.

Ebbene, questo fatto gli dà torto. Non la legge, non la forza del dritto del quale investe una parte e che deprime nell’altra, conserva la società conjugale, ma la natura. Tutta la prudenza e previdenza della legge è in pura perdita; è molto chiasso per nulla. Che se le disposizioni del Codice menassero a conseguenza, la sola logica conseguenza non potrebbe essere che questa, l’inasprimento dell’animo nella parte depressa e l’abuso del potere nella parte prevalente.

Dove la natura ha posto il cemento, l’edifizio si regge; dove non l’ha posto, l’edificio crolla ed i tribunali si affaccendano a firmare sentenze di separazione.

La natura ha posto nell’organamento della famiglia tutto lo studio che voi avete posto nell’organizzare lo Stato. Non v’è nulla da metterci, la legge non deve stare che al difuori a guardia dell’abuso. – Voi avete immaginato una aristocrazia con alla testa una corona irresponsabile ed una democrazia rappresentata da due elementi, il giovine che promuove ed il vecchio che frena, l’elemento che pensa, discute, delibera, ed il potere che eseguisce. È un congegno, insomma, composto di differenze e di equivalenze che, equilibrandosi, costituiscono un insieme più o meno omogeneo – Nella società coniugale la natura non ha adoperato altrimenti, ma il suo lavoro è di una tale efficacia che tutte le vostre convenzioni non possono dirla con essa quand’ella si mette a non essere dalla vostra.

Voi dichiarate, ad esempio, che il marito è capo della famiglia perchè ha la capacità. Ora la natura alle volte non la intende come voi e gli ha negato questa capacità, ed il diritto che gli accordaste su una nuda presunzione non può trovare esplicazione nel fatto. Egli è obbligato a capitolare o la moglie, alla quale negate questa capacità, deve esercitarlo per lui.