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per rispetto alla teoria dell’evoluzione: essi possono assomigliarsi ai colpi distruttori d’un antico ariete, che cozza in silenzio e con tenacia terribile contro le mura d’un edifizio condannato a sfasciarsi, e continua in modo quasi maestoso la sua opera di distruzione in mezzo al bollore ed ai mille episodii del combattimento. Nessun grido di collera, nessuna esclamazione di disprezzo e di sarcasmo, nessuna parola d’impazienza è uscita mai dalla penna di questo uomo, che pure vedeva sorgere contro di sé tutto l’antico mondo dei pregiudizii e scorgeva il suo nome posto al bando dalla intolleranza, dalla malignità, dall’interesse, dall’ignoranza e dalla superstizione insieme collegate ai suoi danni: ma tutti questi libri del Darwin, che si succedevano regolarmente ad intervalli di uno, due o tre anni, movevano per vie diverse e talora indirette verso la grande meta, che ci s’era prefissa, così da servire come termini miliari per sempre irremovibili sulla via novella da lui aperta alla biologia.

La più gran parte di queste opere tratta argomenti di botanica, che fu la scienza prediletta di Carlo Darwin; anche perché la vita di campagna gli porgeva il destro di imaginare e ripetere continue esperienze sulla fisiologia vegetale. Uno dei più notevoli risultati degli studi botanici del Darwin, dal punto di vista della filosofia scientifica, fu di avere sempre più diminuita la distanza fra gli animali e le piante, dimostrando l’esistenza di funzioni analoghe di sensibilità, di movimento, di nutrizione e di assimilazione, di adattamento alle condizioni esterne e perciò di variabilità in ambo i grandi regni del mondo organico, fra i quali prima codeste funzioni parevano creare una divisione insuperabile. Un giudice competente come l’Hooker ha detto che queste ricerche di biologia vegetale del Darwin costituiscono i più grandi acquisti fatti dalla botanica nell’ultimo quarto di secolo. Tre anni dopo il libro sull’origine delle specie, il Darwin ne pubblicava uno sulla Fecondazione delle Orchidee per opera degli insetti e sull’utilità dell’incrociamento (1862), la quale valse a dimostrare come molti fatti biologici mal conosciuti o posti in non cale dai naturalisti avessero invece una importanza ben più grande delle loro aride ed artificiose classificazioni. Egli intraprese questo studio per provare che la stessa pianta non è sempre fecondata dal suo polline e che la natura provvede con disposizioni speciali per favorire l’incrociamento degli individui anche ermafroditi, come le Orchidee. Dapprima