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— XIV —

Anni addietro io percorsi un bel tratto di quella Svizzera italiana, e ne rimasi incantato. Di rado incontrai altrove paesaggio cosi grandioso, come quello che dalle falde del Velino si stende al lago di Fucino, che fu fulgida gemma incastonata nel cerchio delle più splendide montagne. Il lago, sin da qualche anno, è scomparso, come testé scomparve pur quello della Copaide in Beozia. Ciò che non valsero a compire nè Cesare, nè Claudio imperatore, lo condusse a termine un audace banchiere romano della nostra età industriosa ed utilitaria. Con l’arginamento del lago, arricchendo l'Italia di non so quanti ettari di terreno arativo, egli nell'istesso tempo le tolse uno de’ suoi più stupendi fregi.

La terra degli Abruzzi, per quanto rinomata ella sempre mai fosse, tuttavia non era, una cinquantina di anni fa, ed anche meno, troppo frequentata da visitatori. Chi la percorreva allora, ben poteva dire: avia peragro loca! Al dì d’oggi ivi tutto è mutato, e la ferrovia prestamente vi condurrà da Roma fino a Pescara, lungo la via Valeria, dagli antichi Romani tracciata.

Dirò poche parole sulle vicende storiche dell'Abruzzo. Le provincie, che portano questa denominazione complessiva, in antico non costituirono unità politica ed etnografica. Il loro nome stesso è corruzione barbara di un vocabolo antico; poiché esso deriva dalla regione de’ Pretuzi, che ebbe a capitale Interamnia (Teramo). Tolomeo la nota quale