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nel dicembre successivo, di maniera che insieme a quello di quest’ultimo, fu pubblicato, con non lieve dispendio del Vieusseux, che ebbe a rinnovare fogli o ad apporre carticini, nel gennaio del 1833. E fu l’ultimo. Di tale ritardo il Vieusseux, che ignorava le ingiunzioni austriache, non sapeva darsi pace e più ancora del rigore inusitato della censura; cosicchè 10 febbraio se ne lamentava rispettosamente in una sua lettera al Corsini: „A dire il vero da alcuni anni a questa parte non ho avuto generalmente parlando che da lodarmi del contegno dell’I. e R. Censura e dell’onesta libertà che mi si lasciava; ma ora nell’occasione di dover pubblicare il doppio fascicolo di novembre e dicembre 1832 mi trovo vittima d’un rigore... Esso non ha potuto essere pubblicato che in questi ultimi giorni e con tali mutilazioni che ho dovuto spendere lire 300 per ripararvi. Siamo inoltrati nel mese di febbraio e non ho potuto ancora tirare che pochi foglietti del fascicolo di gennaio.... Io presento a V. E. le bozze a stampa d’una lettera che penso di premettere al primo fascicolo del 33.„

Nella lettera che il Vieusseux sottoponeva al giudizio del Corsini, c’era un passo intorno al progresso, informato a sentimenti schiettamente liberali. Vi si sentivano le teorie di recente professate in Francia dal Guizot sullo svolgimento dell’umano incivilimento. Si figuri il lettore il viso che ebbe a fare alla lettura d’una tale digressione sfacciatamente rivoluzionaria il povero don Neri, al quale i moniti del signor conte Senfft-Pilsach avevano fatto perdere appunto in quei giorni l’appetito e messo in corpo la melanconia; ma il Ministro che non amava governare colle arti del principe di Canosa, restituì la lettera al Vieusseux, colla sua approvazione, che ricusò solo al famoso passo sul progresso, che volle fosse soppresso, benchè buono, incoraggiando nello stesso tempo il direttore dell’Antologia a proseguire la pubblicazione del giornale, scartando però gli argomenti di politica e le allusioni all’Austria, mentre prometteva che sulle rose nostrali sarebbe stato più andante.

A don Neri, nella sua incuranza di Ministro degli interni punto rigoroso, pareva ora che potesse dormire tranquilli