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90 | la libertà |
Sotto pretesto d’impedire l’intemperanza, si è vietato per legge a tutta una colonia inglese e a quasi una metà degli Stati Uniti di servirsi delle bevande fermentate altrimenti che come medicine; perchè, in realtà, vietarne la vendita, è proibirne l’uso; e del resto lo si comprendeva bene così. E sebbene l’impossibilità di eseguire la legge l’abbia fatta abbandonare dalla maggior parte degli Stati che l’avevano adottata, compreso quello che le aveva dato il nome, tuttavia molti dei nostri dichiarati filantropi hanno tentato e tentano di continuo di ottenere una legge simile nel nostro paese. L’associazione o alleanza, come essa si chiama, che si è formata a questo scopo, ha avuto della notorietà per la pubblicità data ad una corrispondenza tra il suo segretario e un uomo di Stato, appartenente al piccolo numero di quelli che in Inghilterra credono che le opinioni di un personaggio politico debbano basarsi su principi. La parte che lord Stanley ha preso in questa corrispondenza rafforzerà le speranze che già aveva concepite su di lui chiunque sa quanto le qualità di cui egli, a più riprese, ha dato pubbliche prove siano rare presso i militanti nella politica. L’organo dell’Alleanza «condanna altamente qualunque principio che possa servire a giustificare il fanatismo e la persecuzione» e si prova a dimostrarci «la barriera assolutamente insuperabile» che divide questi principi da quelli dell’associazione. «Tutte le materie relative al pensiero, all’opinione, alla coscienza, mi sembrano — dice — al di fuori del dominio legislativo. Le cose soltanto dice che appartengono alla condotta sociale, ai costumi, alle relazioni mi sembrano soggette ad un poter discrezionale posto nella legge e non nell’individuo.»
Qui non si fa alcuna menzione d’una terza classe di atti diversa dalle due ricordate: le azioni e le abitudini non sociali ma individuali, quantunque a questa classe appartenga senza dubbio il bere liquori fermentati. Ma mi si dirà che vendere bevande fermentate è commerciare, e che commerciare è un atto sociale.
Ancora, noi ci lagniamo d’una limitazione illecita delle libertà non del venditore, ma del compratore e del consumatore, perchè lo Stato potrebbe allo stesso modo proibirgli di bere del vino che rendergli impossibile di procurarselo. Tuttavia il segretario continua: «Io esigo come cittadino il diritto di fare una legge dovunque l’atto sociale d’un altro invade il campo dei miei diritti sociali.» Ed ecco la descrizione di questi diritti sociali: «Se qualcosa vi è che invada questo campo, è, senza dubbio alcuno, il commercio dei liquori spiritosi. Esso distrugge il mio fondamental diritto di sicurezza, creando e stimolando continuamente disordini; viola il mio diritto d’eguaglianza, con lo stabilire dei profitti che creano una miseria per