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rimarrebbe in seguito a più lunghi stipeudj della società, affinchè a questo utile ioro scopo mirando, ciascuno spiegasse la più grande attività e diligenza possibile.

Ho detto ed ho scritto loro, e voi potete riscontrarlo nel regolamento 9 agosto 1837, che gli ingegneri che potranno occorrere in seguito, e dopo le operazioni di campagna, alla società, saranno scelti tra quelli che 1’ avranno dapprima servita, e che P avranno servita il meglio.

Vedete dunque che se io chiamassi alP ufficio tecnico il sig. Colombani, tutto ad un tratto, a lavori di campagna finiti, egli occuperebbe uno dei posti dovuto a chi si prestò fino ad ora, di giorno e di notte, al caldo ed al freddo, con attività, con fatica, con istenti, con zelo, ed io commetterei una patente ingiustizia. A voi non occorre dire quali sarebbero le dannose conseguenze di questa. Ecco il fatto di Colombani.

In quel vostro esordio del rapporto N. 47, in quel vostro epigramma del piuttosto abilità che abilitazioni vi è più spirito che giustezza. La è una di quelle belle idee astratte, di quelle verità che scuotono, che colpiscono la mente al primo loro suono, ma che, per poco che vi si rifletta sopra, si trova poi che non sono le sole verità del mondo, e che ve ne sono delle migliori.

La è chiara, amico mio, che si deve preferir l’abilità alle abilitazioni, e non occorrono certamente gli studj e la mente vostra per indovinarlo. Lo sapeva anch’io, ve lo giuro, prima che me lo diceste; e so anche quanto altri, c forse più che altri, che V impresa ha piuttosto bisogno di abilità che di abilitazioni, perchè se queste abilità giovano all’impresa, giovano anche, e prima, alP onor mio. Ma se è buono darsi alle abilità piuttosto che alle abilitazioni, quando si deve decidersi tra le due, è poi meglio, credetemelo, scegliere abilità e abilitazioni, due condizioni che non ripugnano punto tra loro, che si possono ritrovare, e che si ritrovano, Dio piacendo, insieme.

Ed è meglio scegliere abilità ed abilitazioni per quattro buoni motivi, tre generali, ed uno particolare al caso mio.

V abilitazione è intanto una prova, un testimonio pubblico delP abilità, e se questo testimonio mente alcune volte, come mente, non mente poi sempre. Strigne sulP abilità, un po’ meglio che nell’ordinario, l’opinione pubblica, perchè questa opinione pubblica s’appoggia allora sulla voce e sul giudizio di chi deve aver detto e dice talvolta il vero. In fatto d’ abilità astratte tutto il mondo ne parla a suo modo, e non sarebbe il primo caso di sentire chiamar bianco in un luogo ciò che è detto nero in un altro.

Gli uomini abili ed abilitati stanno di mala voglia, di mal umore nello stesso ufficio e nelle medesime utilità con quelli che abilitati non sono, perchè pare loro ingiusto, e lo è anche, che dopo di aver soddisfatto con lunghe fatiche e con lunghi stenti a tutti i doveri prescritti dalle leggi e dalle accademie, dopo di aver dato una cauzione pubblica in danaro, od altrimenti, del loro operare, come fanno gli ingegneri, debbano poi esser posti allo stesso livello con chi tutto questo non ha fatto.

La terza si è che per esercitare una professione non basta esser abile, ma bisogna averne il titolo, bisogna avere appunto P abilitazione.

In fine la quarta è tutta mia, ed è questa, che se io avrò per conto della società degli ingegneri abili ed abilitati, potrò, in ogni occasione che mi si presenti, porli a petto, senza che mi siano respinti, a quelli qualunque che venissero dalle parti, colla società contendenti, nominati.

Ho chiesto, come avrete veduto, una conferenza coli’ intiera Direzione, onde torre di mezzo i mali umori già insorti. Se io non voglio servire la società a dispetto della Dire- Google