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atto secondo | 93 |
SCENA IV
Zopiro e seguaci.
ella in vita tornò? perché da lui
si divide piangendo? Ah! l’ama ancora.
No: sposa a Radamisto
la rigida Zenobia... E v’è rigore
che d’un tenero amor regga alla prova?
Che barbara, che nuova
specie di gelosia
aver rivale, e non saper qual sia!
Quel geloso incerto sdegno,
onde acceso il cor mi sento,
è il piú barbaro tormento
che si possa immaginar.
Odio ed amo; e giunge a segno
del mio fato il rio tenore,
che sperar non posso amore,
né mi posso vendicar.
(nel voler partire, vede da lontano Radamisto, e si trattiene)
Da lungi a questa volta
vien Radamisto. I miei seguaci ho meco:
non differiam piú la sua morte. Ei forse
giá dubita di me: lá non mi attese
dove il lasciai. Ma, se Zenobia è amante
di Tiridate, un gran nemico io scemo
al rival favorito. Ah! se potessi
irritarli fra lor, ridurre entrambi
a distruggersi insieme, e ’l premio intanto
meco rapir di lor contese! Un colpo
sarebbe inver d’arte maestra. Almeno
si maturi il pensier. Fra quelle piante