Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto primo | 81 |
bastan le mie ruine:
cominciate a placarvi; è tempo alfine.
Lasciami, o ciel pietoso,
se non ti vuoi placar,
lasciami respirar
qualche momento.
Rendasi col riposo
almeno il mio pensier
abile a sostener
nuovo tormento.
(parte, e, finito il ritornello dell’aria, toma agitata)
Misera me! Da questa parte, oh Dio!
vien Tiridate. Oh, come io tremo! oh, come
l’alma ho in tumulto! Il periglioso incontro
fuggi, fuggi, Zenobia. Il cupo seno
di que’ concavi sassi
al suo sguardo m’asconda insin che passi.
(si cela nella grotta)
SCENA VI
Tiridate, poi Mitrane, e detta in disparte.
la sua tardanza. Eccolo. Aimè! Che mesto,
che torbido sembiante! Amico, ah! vola:
m’uccidi, o mi consola. Il mio tesoro
dov’è? ne rintracciasti
qualche novella?
Mitrane. Ah, Tiridate!
Tiridate. Oh Dio,
che silenzio crudel! Parla. È un arcano
la sorte di Zenobia? Ognuno ignora
che fu di lei, dove il destin la porta?