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atto primo 73


Radamisto.   E l’ottenni. Ah! fui di tanto

tesoro possessor. Ma... oh Dio!
Zopiro.   Tu piangi!
La perdesti? dov’è? Parla: qual fato
sí bei nodi ha divisi?
Radamisto. Ah, Zopiro, ella è morta, ed io l’uccisi!
Zopiro. Giusti numi! e perché?
Radamisto.   Perché giammai
mostro il suol non produsse
piú barbaro di me; perché non seppi
del geloso furor gl’impeti insani
mai raffrenar.
Zopiro.   Nulla io comprendo.
Radamisto.   Ascolta.
Da’ sollevati armeni
creduto traditor, sai giá che astretto
fui poc’anzi a fuggir. Lungo l’Arasse
presi il cammin. La mia Zenobia (oh troppo
virtuosa consorte!) ad ogni costo
volle meco venir; ma poi del lungo
precipitoso corso
al disagio non resse. A poco a poco
perdea vigor. Stanca, anelante, oppressa,
giá tardi mi seguía; giá de’ feroci
persecutori il calpestio frequente
mi cresceva alle spalle. — Io manco, o sposo —
mi dice alfin: — salva te sol; ma prima
aprimi il seno, e non lasciarmi esposta
all’ire altrui. — Figúrati il mio stato.
Confuso, disperato,
lagrimava e fremea; quando... ah, Zopiro,
ecco il punto fatal!... quando mi vidi
del parto Tiridate
a fronte comparir le note insegne.
Le vidi, le conobbi; e in un istante
non fui piú mio. Mi rammentai gli amori