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atto terzo | 63 |
Sebaste. De’ falli miei,
signor, chiedo il castigo. Odio una vita,
che a te... (inginocchiandosi)
Serse. Sorgi, Sebaste: oggi non voglio
respirar che contenti. A te perdono;
in libertá gli affetti
lascio d’Aspasia; e la real mia fede
di Rossane all’amor dono in mercede.
Aspasia. Ah, Lisimaco!
Rossane. Ah, Serse!
Temistocle. Amici numi,
deh! fate voi ch’io possa
esser grato al mio re.
Serse. Da’ numi implora
che ti serbino in vita,
e grato mi sarai. Se con l’esempio
di tua virtú la mia virtude accendi,
piú di quel, ch’io ti do, sempre mi rendi.
Coro. Quando un’emula l’invita,
la virtú si fa maggior,
qual di face a face unita
si raddoppia lo splendor.