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atto terzo 57


che all’ultima destini,

chiedo il comando.
Serse.   Altro non vuoi?
Sebaste.   Mi basta
poter del zelo mio
darti prove, o signor.
Serse.   Ne ho molte, e questa
è ben degna di te. Ma tu d’Egitto
hai contezza bastante?
Sebaste.   I monti, i fiumi,
le foreste, le vie, quasi potrei
i sassi annoverar.
Serse.   Non basta: è d’uopo
conoscer del tumulto
tutti gli autori.
Sebaste.   Oronte è il solo.
Serse.   Io credo
ch’altri ve n’abbia. Ha questo foglio i nomi:
vedi se a te son noti. (gli dá il foglio)
Sebaste. (lo prende)  E donde avesti...
(Misero me!) (lo riconosce)
Serse. Che fu? Tu sei smarrito!
ti scolori! ammutisci!
Sebaste.   (Ah, son tradito!)
Serse.   Non tremar, vassallo indegno;
     è giá tardo il tuo timore:
     quando ordisti il reo disegno,
     era il tempo di tremar.
          Ma giustissimo consiglio
     è del ciel che un traditore
     mai non vegga il suo periglio,
     che vicino a naufragar. (parte)