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56 | xvi - temistocle |
leggi, previeni, e ti conserva. Addio.
(gli dá il foglio, e vuol partire)
Serse. Sentimi, principessa:
lascia che almen del generoso dono...
Rossane. Basta cosí: giá vendicata io sono.
È dolce vendetta
d’un’anima offesa
il farsi difesa
di chi l’oltraggiò.
È gioia perfetta,
che il cor mi ristora
di quanti finora
tormenti provò. (parte)
SCENA VII
Serse, poi Sebaste.
Oronte lo vergò: leggasi... Oh stelle,
che nera infedeltá! Sebaste è dunque
de’ tumulti d’Egitto
l’autore ignoto! Ed al mio fianco intanto,
sí gran zelo fingendo... Eccolo. E come
osa il fellon venirmi innanzi!
Sebaste. Io vengo
della mia fé, de’ miei sudori, o Serse,
un premio alfine ad implorar.
Serse. Son grandi,
Sebaste, i merti tuoi,
e puoi tutto sperar. Parla: che vuoi?
Sebaste. Va l’impresa d’Atene
Temistocle a compir; l’altra d’Egitto
finor duce non ha. Di quelle schiere,