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atto terzo | 53 |
non cedete agl’insulti: ogni sventura
insoffribil non dura,
soffribile si vince. Alle bell’opre
vi stimoli la gloria,
non la mercé. Vi faccia orror la colpa,
non il castigo. E, se giammai costretti
vi trovaste dal fato a un atto indegno,
v’è il cammin d’evitarlo: io ve l’insegno.
(s’alza e s’alzano Neocle e Aspasia)
Neocle. Deh! non lasciarne ancora.
Aspasia. Ah! padre amato,
dunque mai piú non ti vedrò?
Temistocle. Tronchiamo
questi congedi estremi. È troppo, o figli,
troppo è tenero il passo: i nostri affetti
potrebbe indebolir. Son padre anch’io,
e sento alfin... Miei cari figli, addio! (gli abbraccia)
Ah! frenate il pianto imbelle;
non è ver, non vado a morte;
vo del fato, delle stelle,
della sorte — a trionfar.
Vado il fin de’ giorni miei
ad ornar di nuovi allori;
vo di tanti miei sudori
tutto il frutto a conservar. (parte)
SCENA IV
Aspasia e Neocle.
Neocle. Aspasia!
Aspasia. Ove siam?
Neocle. Quale improvviso
fulmine ci colpí!