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atto terzo 49


Temistocle. Ah! no, tal non son io; lo sanno i numi,

che mi veggono il cor: cosí potesse
vederlo anche il mio re. Guidami, amico,
guidami a lui...
Sebaste.   Non è permesso. O vieni
pronto a giurar su l’ara
odio eterno alla Grecia, o a Serse innanzi
non sperar piú di comparir.
Temistocle.   Né ad altro
prezzo ottener si può che mi rivegga
il mio benefattor?
Sebaste.   No. Giura, e sei
del re l’amor. Ma, se ricusi, io tremo
pensando alla tua sorte. In questo, il sai,
implacabile è Serse.
Temistocle.   (Ah, dunque io deggio
farmi ribelle, o tollerar l’infame
taccia d’ingrato! E non potrò scusarmi
in faccia al mondo, o confessar morendo
gli obblighi miei!) (pensa)
Sebaste.   Risolvi.
Temistocle. (risoluto)  (Eh! usciam da questo
laberinto funesto, e degno il modo
di Temistocle sia.) Va’: si prepari
l’ara, il licor, la sacra tazza e quanto
è necessario al giuramento. Ho scelto:
verrò.
Sebaste.   Contento io volo a Serse.
Temistocle.   Ascolta:
Lisimaco partí?
Sebaste.   Scioglie or dal porto
l’ancore appunto.
Temistocle.   Ah! si trattenga: il bramo
presente a sí grand’atto. Al re ne porta,
Sebaste, i prieghi miei.
Sebaste. Vi sará: tu di Serse arbitro or sei. (parte)