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atto secondo 45


nacqui pure infelice! Ancor da Serse

niun partí sconsolato: io son la prima,
che lo prova crudel! No, non lo credo;
possibile non è. Questo rigore
è in te stranier, ti costa forza. Ostenti
fra la natia pietá l’ira severa;
ma l’ira è finta e la pietade è vera.
Ah! sí, mio re, cedi al tuo cor; seconda
i suoi moti pietosi e la mia speme,
o me spirar vedrai col padre insieme.
Serse. Sorgi. (Che incanto!)
Rossane.   (Ecco, delusa io sono.)
Serse. Fa’ che il padre ubbidisca, e gli perdono.
          Di’ che a sua voglia eleggere
     la sorte sua potrá;
     di’ che sospendo il fulmine,
     ma nol depongo ancor;
          che pensi a farsi degno
     di tanta mia pietá;
     che un trattenuto sdegno
     sempre si fa maggior.
  (parte col séguito de’ satrapi e le guardie)

SCENA X

Aspasia, Rossane e Sebaste.

Rossane. (Io mi sento morir.)

Aspasia.   Scusa, Rossane,
un dover che m’astrinse...
Rossane.   Agli occhi miei
invólati, superba! Hai vinto, il vedo;
lo confesso, ti cedo:
brami ancor piú? Vuoi trionfarne? Ormai
troppo m’insulti: ho tollerato assai.