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26 xvi - temistocle


SCENA XIII

Rossane e Sebaste.

Sebaste. (Giá Rossane è gelosa:

spera, o mio cor.)
Rossane.   Che mai vuol dir, Sebaste,
questa di Serse impaziente cura
di parlar con Aspasia?
Sebaste.   Io non ardisco
dirti i sospetti miei.
Rossane.   Ma pur?
Sebaste.   Mi sembra
che Serse l’ami. Allor che d’essa intese
la vera sorte, un’improvvisa in volto
gioia gli scintillò, che del suo core
il segreto tradí.
Rossane.   Va’, non è vero:
son sogni tuoi.
Sebaste.   Lo voglia il ciel; ma giova
sempre il peggio temer.
Rossane.   Numi! e in tal caso
che far degg’io?
Sebaste.   Che? Vendicarti. A tanta
beltá facil sarebbe. È un gran diletto
d’un infido amator punir l’inganno.
Rossane. Consola, è ver, ma non compensa il danno.
          Sceglier fra mille un core,
     in lui formarsi il nido,
     e poi trovarlo infido,
     è troppo gran dolor.
          Voi, che provate amore,
     che infedeltá soffrite,
     dite se è pena, e dite
     se se ne dá maggior. (parte)