Aminta. Che fai? Sorgi.
(lo solleva) Ah! se m’ami,
parlami ognor cosí. Mi par sí bella,
che di sé m’innamora,
la veritá, quando mi sferza ancora.
Agenore. Ah! te destina il fato
veramente a regnar.
Aminta. Ma dimmi, amico:
non deggio amar chi m’ama? È poco Elisa
degna d’amore? Ho da lasciar, regnante,
chi mi scelse pastore? I suoi timori,
le smanie sue non dénno
farmi pietá? Chi condannar potrebbe
fra gli uomini, fra i numi, in terra, in cielo
la tenerezza mia?
Agenore. Nessuno: è giusta;
ma pria di tutto...
Aminta. Ah! pria di tutto andiamo,
amico, a consolarla, e poi...
Agenore. T’arresta.
Sciolto è il Consiglio; escono i duci; a noi
viene Alessandro.
Aminta. Ov’è?
Agenore. Non riconosci
i suoi custodi alla real divisa?
Aminta. Dunque...
Agenore. Attender convien.
Aminta. Povera Elisa!
Agenore. Ogni altro affetto ormai
vinca la gloria in te.
Parli una volta il re,
taccia l’amante.
Sempre un pastor sarai,
se l’arte di regnar
pretendi d’imparar
da un bel sembiante.