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302 xxi - il re pastore


di lei parlar. Giá incominciai, ma fui

nell’opera interrotto. Ah! va’. S’ei viene,
gli opportuni momenti
rubar mi puoi.
Elisa.   T’appagherò.
 (s’alza, s’incammina, poi si volge)
  Frattanto
non celar ad Aminta
le smanie mie.
Agenore.   No.
Elisa. (come sopra)  Digli
che le sue mi figuro.
Agenore. Sí.
Elisa.   Da me lungi, oh quanto
penerá l’infelice! (ad Agenore, ma da lontano)
Agenore. Molto.
Elisa.   E parla di me? (da lontano)
Agenore.   Sempre.
Elisa. (torna ad Agenore)  E che dice?
Agenore. Ma tu partir non vuoi. Se tutte io deggio
ridir le sue querele... (con impeto)
Elisa. Vado: non ti sdegnar. Sei pur crudele!
          Barbaro, oh Dio! mi vedi
     divisa dal mio ben;
     barbaro, e non concedi
     ch’io ne dimandi almen?
          Come di tanto affetto
     alla pietá non cedi?
     hai pure un core in petto,
     hai pure un’alma in sen. (parte)